Lo storico marchio italiano Castelli torna a nuova vita dopo l’acquisizione da parte di Mutares AG
In seguito all’acquisizione di Haworth Italia da parte della holding tedesca, il marchio Castelli torna ad essere protagonista indipendente del panorama del design internazionale.
Dopo anni di partnership con Haworth Inc., il marchio italiano, famoso per la sua qualità nel design torna ad avere una strategia autonoma di crescita. La recente acquisizione offre a Castelli la possibilità di riaffacciarsi al mercato italiano e internazionale con il proprio brand, oltre a continuare a capitalizzare l’importante relazione strategica e commerciale con il Gruppo Haworth.
Castelli S.p.A, come società indipendente, continuerà a distribuire in esclusiva sul mercato italiano i prodotti Haworth e Comforto, mentre per la distribuzione in Europa, Stati Uniti e Canada, Castelli Spa si avvarrà della forte rete commerciale Haworth.
Fin dal 1877, anno della sua fondazione, Castelli si è sempre affidata alla creatività di designer come Emilio Ambasz, Claudio Bellini, Rodolfo Bonetto, Michele De Lucchi, Doriana e Massimiliano Fuksas, Enzo Mari, Giancarlo Piretti, Charles Pollock, F.A. Porsche, Richard Sapper. Grazie a queste prestigiose collaborazioni, Castelli ha ricevuto nel corso degli anni numerosi riconoscimenti – è una delle aziende italiane ad aver vinto il maggior numero di Compassi d’oro – oltre ad avere alcuni dei suoi prodotti più iconici esposti al MOMA di New York. La lunga tradizione di Castelli nella progettazione e realizzazione di prodotti di alta qualità si esprime attraverso una vasta produzione di sedute, arredi per ufficio, sale riunioni e sistemi di partizione in grado di coniugare la capacità costruttiva, con l’ergonomia, la sostenibilità, la flessibilità e l’eleganza del design italiano.
Obiettivo primario di Castelli S.p.A. è il recupero dei valori che caratterizzano la storia del marchio, costruita attraverso un importante scambio con i designer e un’attenzione scrupolosa alla qualità dei propri prodotti.
La sfida verso nuovi traguardi di profittabilità, stabilità e crescita sarà affidata ancora all’ingegnere Giorgio Dino, in qualità di Presidente del Consiglio di Amministrazione. “Questo importante cambiamento – afferma Giorgio Dino - consentirà alla nostra azienda il ritorno alle origini fondanti del marchio Castelli, a quella cultura di interior design e innovazione che ne hanno decretato l’espansione e il successo mondiale, oltre che allo sviluppo di una rinnovata partnership strategica con il Gruppo Haworth”.
Intervista a Giorgio Dino, amministratore delegato di Castelli spa
Nicola Leonardi - Haworth Italia quest’anno si trasforma, riparte dalle origini della propria storia, e il nome dell’azienda torna ad essere Castelli spa: da dove nasce questa visione del futuro? Cosa vi ha portato a fare questa scelta di branding ma anche di riscoperta delle radici italiane dell’azienda?
Giorgio Dino - È una grande opportunità ripensare il nostro futuro e, come hai accennato, ritornare alle nostre origini. Da quando Haworth acquistò nei primi anni Novanta Castelli Italia, il percorso intrapreso dall’azienda, per alcuni anni, è stato quello dell’indipendenza del brand. In seguito, nella logica di un grande gruppo multinazionale, è prevalsa l’idea che la società, e il brand che rappresenta, dovessero diventare Haworth: nel 2000 perciò, la Castelli fu incorporata all’interno della Haworth, e per molti anni ha prevalso il nome Haworth come marchio globale e il nome Castelli come brand name per non perdere sia la visibilità dei nostri prodotti sia le radici che essi hanno sul mercato italiano. Nel lungo periodo tuttavia questa scelta si è dimostrata sempre più insufficiente dal punto di vista strategico. Negli ultimi due anni Haworth ha riconsiderato la propria strategia globale, stabilendo che l’unico marchio ad essere sviluppato e promosso in tutto il mondo sarebbe stato il nome della società e della famiglia fondatrice dell’azienda. Questa scelta ci avrebbe penalizzati, perché era evidente che noi non avremmo più potuto sviluppare prodotti a marchio Castelli e non avremmo avuto le risorse finanziarie per poter continuare a gestire due brand, uno locale fortemente radicato e di grande tradizione come Castelli, e uno a livello globale come Haworth. Da qui è maturata l’idea di trovare una nuova collocazione sul mercato per l’azienda e per il marchio, con l’obiettivo di non depauperarne il patrimonio e l’asset per mancanza di investimenti specifici. Abbiamo perciò messo a fuoco un’idea di business plan completamente alternativa e cercato un investitore, un industriale non appartenente al nostro settore che, in un’ottica di medio periodo, fosse interessato allo sviluppo e alla creazione di un plus valore sul brand, cercando al contempo di mantenere intatti i rapporti commerciali e strategici con il gruppo Haworth. Da questa idea è scaturita l’acquisizione della Haworth spa, da oggi Castelli spa, da parte di Mutares AG, holding industriale tedesca con base a Monaco di Baveria, che ha ritenuto sia il business plan futuro sia le potenzialità del brand una grande opportunità di investimento.
N. L. - Quindi in Italia cambia il brand ma soprattutto cambia la proprietà della società. Rimane però, se non sbaglio, una forte alleanza strategica con Haworth su base geografica: come l’avete costruita?
G. D. - Abbiamo cercato di capire quali erano gli elementi che sarebbero stati fondamentali per i nostri clienti. Sul mercato italiano, e anche potenzialmente su molti mercati emergenti, la nostra azienda è ora libera di muoversi con nuove linee di prodotti, cercando di sviluppare la qualità di approccio e il sapere che fanno parte delle radici del nostro brand e che noi cercheremo di valorizzare in tutti i modi. Allo stesso tempo Castelli spa rimane il distributore esclusivo di tutti i prodotti Haworth in Italia: Haworth continuerà la propria politica di prodotto e noi ne potremo usufruire dal punto di vista commerciale per continuare ad offrire prodotti di grande qualità e di respiro internazionale a quella parte di mercato che negli ultimi anni li ha sempre apprezzati. Nello stesso tempo Haworth, negli Stati Uniti e nei paesi europei in cui è già presente, continuerà a distribuire in esclusiva tutti i prodotti del marchio Castelli, attuali e futuri. Ne risulta un rafforzamento della distribuzione, in quanto le due aziende continueranno ad avere tutto il catalogo prodotti attuale, con la possibilità di potenziarlo successivamente; inoltre potremo, evitando di far morire il brand, rilanciarlo e svilupparlo, comunicare attraverso nuovi prodotti, l’advertising e l’attività di marketing. Questo brand, così importante per il nostro settore e per il Made in Italy, potrà quindi mantenere una visibilità di mercato, e potrà anche svilupparla su scala mondiale. Ad esempio, in molti paesi emergenti come Cina, India e Medio Oriente, la Haworth è presente, ma finora non ci era concesso sviluppare azioni autonome di tipo commerciale o di marketing in questi paesi, i famosi BRIC, dove si prevede che il PIL mondiale cresca nei prossimi anni. Haworth infatti produce localmente prodotti locali. Da domani invece questo è un territorio aperto, di possibile espansione, in cui cercare di raggiungere la clientela attenta al design italiano e a un grande brand storico che, vogliamo ricordarlo, esiste sul mercato da 135 anni.
N. L. - Castelli cercherà quindi la riaffermazione del brand storico sul mercato italiano, ma con lo sguardo fortemente rivolto anche all’espansione internazionale.
G. D. - L’Italia è la nostra base di partenza. Ancora prima che Haworth diventasse socio di maggioranza della società, più del 50% del nostro giro d’affari è stato sempre in Italia. Dobbiamo però pensare in un’ottica internazionale e in una logica globale: un brand come Castelli può essere ben sviluppato e può dare grandi soddisfazioni se viene comunicato ai mercati che crescono.
N. L. - Castelli è un marchio profondamente italiano che, diventato prima di proprietà di un’azienda americana, oggi diventa di proprietà di una holding industriale tedesca. Cosa significa in termini imprenditoriali, industriali e di visione questo cambio di proprietà da un lato all’altro dell’oceano? Quali le differenze, le nuove prospettive e le possibilità?
G. D. - Il focus cambia. Per Haworth eravamo uno dei tanti brand, all’interno di una multinazionale già presente in tutto il mondo, con un evidente conflitto di lungo termine tra un marchio tanto importante a livello mondiale e un altro, potenzialmente altrettanto importante, ma con radici fortemente locali.
La prospettiva, con Mutares, è completamente diversa: Mutares non fa arredi per uffici, vuole entrare in questo mondo ma vuole soprattutto valorizzare gli asset di questa azienda: lo sviluppo del marchio, la valorizzazione delle attività italiane – non esistono altri stabilimenti al mondo che possano entrare in conflitto d’interesse con quello bolognese di di San Giovanni in Persiceto e, infine, la valorizzazione dell’identità italiana, l’arricchimento dato dalle forti radici in una delle patrie mondiali del design. Mutares pensa che possa diventare un grande hub di partenza per l’espansione di questo brand nel mondo.
Lavoro con Haworth da tantissimi anni e nutro un grande affetto per questa azienda. La dimostrazione dell’intelligenza della famiglia Haworth è il passo che abbiamo costruito e fatto assieme. È stato un passo doloroso per Haworth abbandonare la proprietà dell’azienda, ma è stato fatto esattamente con questo pensiero: l’azienda aveva bisogno di un azionista che valorizzasse il marchio e non fosse costretto, in una logica globale, a ridurne o addirittura a perderne il valore.
N. L. - Castelli è stata famosa negli anni per la propria ricerca nell’ambito dell’industrial design e il suo valore è stato costruito nel mondo degli arredi per uffici. Guardando avanti quale vorrà essere il core business dell’azienda?
G. D. - Credo che il mobile per ufficio che ha caratterizzato soprattutto negli ultimi anni la vita dell’azienda, con la sua specializzazione, non rifletta esattamente il modo con cui questo brand si è sviluppato all’origine e nel corso di molti decenni. Preferisco parlare più in generale di interior design. Castelli ha avuto per molti anni una divisione casa, ha lavorato nel contract e, a livello internazionale, nella customizzazione di grandissimi progetti. Il libro di Electa pubblicato qualche anno fa testimonia molto bene tutti i grandi progetti che questa azienda ha realizzato fuori dall’ambiente ufficio: abbiamo arredato il Parlamento Europeo, grandi università, grandissimi hotel nei paesi emergenti. Negli anni questa attività si è andata un po’ perdendo, perché il focus di tutto il gruppo Haworth era solo l’ufficio. La volontà strategica è quindi riprendere quel know-how, quei saperi, quella capacità di leggere il mondo dell’interior design in maniera più ampia, costruendo su questo una strategia che parli al contract e, se possibile, alla casa, partendo dal recupero dei nostri grandi prodotti in collezione, dalla Plia alla Penelope, e da molti altri nel frattempo dismessi.
N. L. - In questi anni in cui l’Europa ha vissuto un momento di crisi e di difficoltà, il settore dell’ufficio è stato uno dei più colpiti. Come vedi l’evoluzione del mercato in termini di crisi e di crescita? Quali le opportunità geografiche?
G. D. - Non mi piace piangerci addosso, l’abbiamo fatto negli ultimi anni forse anche troppo. I dati dimostrano che il mercato dell’ufficio negli ultimi tre anni ha avuto negli Stati Uniti, in Asia e in Europa la più grande crisi che si sia mai registrata da quando esiste una serie storica di dati. Attualmente alcuni paesi, come quelli emergenti, per la propria vitalità, per la forza della demografia e degli investimenti, hanno digerito questa crisi e sono in ripresa. Gli Stati Uniti, per la forza del loro mercato (benché si sia contratto del 30%) l’hanno assimilata e sono in ripresa. L’Europa stenta per ragioni evidenti, di tipo finanziario, mancanza di crescita e mancanza di attrazione degli investimenti. Non c’è una sola Europa, c’è certamente un Sud molto più gravemente colpito dalla crisi mondiale che faticherà maggiormente a uscire dalla situazione in cui siamo caduti. Ho grande fiducia nel governo Monti, e grande fiducia nel fatto che l’Italia possa riprendere un cammino di crescita, pur difficile. L’ufficio è per sua natura un mercato ciclico, fortemente legato alle aspettative di crescita delle aziende. Ha subito una contrazione enorme e credo che nel 2011 si sia stabilizzato. L’obiettivo che ci proponiamo è quello di continuare a lavorare sui fundamental business, sulla qualità dei prodotti, sulla distribuzione, sul brand per trovare una nostra dimensione in un mercato che non crescerà o lo farà con cifre molto vicine allo zero, se non seguirà addirittura l’andamento recessivo dato per il 2012-2013. Ci dobbiamo quindi abituare a un mercato più piccolo, estremamente competitivo, perché fatto di tante piccole realtà dove si fa fatica ad emergere per la polverizzazione della domanda e dell’offerta ma, come ho detto prima, non dobbiamo solo guardare all’Italia, per sopravvivere e per crescere siamo obbligati ad aprirci al mondo; esistono aree fuori dall’Europa che certamente potranno crescere, e dove noi dobbiamo trovare le nostre opportunità. Non possiamo pensare di poter sopravvivere solo sul mercato italiano, questa credo sia una lezione che tutte le aziende del settore hanno imparato, e solo quelle poche aziende che riusciranno, attraverso i fondamentali del business, a creare le condizioni per espandersi nel mondo, potranno superare questa crisi.
N. L. - Quindi brand d’identità italiana, proprietà tedesca e una forte alleanza strategica con una multinazionale americana, questo il nuovo equilibrio. Quali le scelte a livello produttivo-industriale?
G. D. - Gli stabilimenti rimangono a Bologna e questo è stato un lungo percorso di razionalizzazione del nostro progetto industriale che personalmente ho portato avanti negli ultimi due anni. Abbiamo a San Giovanni in Persiceto uno stabilimento fortemente integrato dove abbiamo portato sia le tecnologie del legno, prima nello stabilimento di Imola, tutte quelle del metallo, dell’alluminio e del vetro. Abbiamo centralizzato tutto. Da ottobre lo stabilimento viaggia a pieno regime con un’integrazione verticale, di tipo tecnologico. Abbiamo oggi una dimensione industriale più compatta, più agile, più attenta ai costi, e questo certamente ci porterà un beneficio in termini di competitività e in termini di controllo dell’azienda. Come ho detto, le radici rimangono fortemente italiane, ed emiliane vorrei aggiungere; noi vogliamo tornare a essere uno dei brand – non solo dal punto di vista industriale ma anche della comunicazione – che valorizzi il comparto dell’arredo per ufficio in Emilia-Romagna insieme ad altre società attive in questo settore; dal punto di vista invece delle sinergie sembra strano, ma poi non lo è più di tanto, pensare che oggi brand e proprietà sono spesso, in questa logica globale, elementi che possono cambiare nel tempo. Ci siamo abituati alla moda e ci siamo abituati al design con grandi brand che passano di mano, dobbiamo quindi pensare che la vita dell’azienda e la proprietà possono nel tempo cambiare di mano, ma quello che dobbiamo valorizzare, e su cui mi sto impegnando, sono il cuore e il valore dell’azienda: le persone, gli stabilimenti, la gamma dei prodotti, le radici e i rapporti con i designer e con i clienti. Questo, secondo me, rimane, al di là delle proprietà che possono in qualche modo, nel tempo, cambiare ogni dieci anni, perché è giusto che ci siano cambiamenti di azionisti o valorizzazioni e strategie diverse. Mi piace molto questa alchimia, l’idea di continuare a lavorare sui mercati globali con il supporto del gruppo Haworth, per servire i grandi clienti in global account, mi piace molto che il nuovo azionista ci possa portare un po’ di rigore tedesco e mi piace moltissimo ovviamente la libertà di intraprendere, la libertà di sviluppo che in qualche modo abbiamo riconquistato potendo lavorare di nuovo con il brand Castelli a 360 gradi.
N. L. - La Haworth ha un cuore green importante, il tema dell’efficienza, del rispetto del ciclo produttivo e il riciclo dei materiali e quant’altro. Castelli eredita questo spirito?
G. D. - Tra gli stabilimenti europei della Haworth siamo stati il primo certificato ISO 14000 in tempi non sospetti, cioè prima che il tema del green diventasse un asset globale della Haworth. Quando noi ci chiamavamo ancora Castelli spa abbiamo certificato ISO 14000 lo stabilimento di San Giovanni. In realtà, non c’è nessuna discontinuità, c’è una profonda continuità di visione perché quello che abbiamo fatto in Italia non è mai stato imposto dalla Haworth, è sempre stata una scelta autonoma e da parte mia ampiamente condivisa, negli ultimi anni, quando sono tornato come amministratore delegato dell’azienda; è un’espressione di politica industriale, cui ci dobbiamo attenere con coerenza in qualsiasi parte del mondo; la Haworth ne aveva fatto anche un elemento di tipo etico che io ho sempre condiviso e sposato, e lavorerò con il mio team in Italia esattamente con quella filosofia e in quella continuità. Quello che ci è rimasto è il know-how: con il gruppo Haworth abbiamo fatto un grandissimo lavoro sulla certificazione dei prodotti, sulla certificazione della filiera di fornitura, sulla capacità di dichiarare i contenuti di prodotto riciclato e riciclabile; quel sapere che ha condotto a certificare la gran parte degli attuali prodotti rimarrà perché ormai fa parte del DNA delle nostre persone e quel tipo di processo lo continueremo ad applicare sui nuovi prodotti. Vedo la continuità piena di una filosofia che era preesistente al gruppo Haworth e che il gruppo Haworth ha sostanzialmente valorizzato grazie ovviamente al know-how che dal punto di vista della sostenibilità gli Stati Uniti hanno sviluppato ben prima di noi.
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